Buon venerdì Lettori, come state? Il weekend è finalmente alle porte ma oggi, anziché proporvi una puntata della rubrica 5 cose che, ho preferito mettere nero su bianco una recensione a cui tenevo moltissimo. Si tratta di un romanzo per ragazzi per cui devo ringraziare Mondadori per l'omaggio, sapevo che me ne sarei innamorata, le premesse erano buonissime, ma come vedrete dalla lunghezza del post è stata una lettura davvero indimenticabile per me. Spero che la recensione, anche se vergognosamente infinita, possa esservi utile, fatemelo sapere con un commento se vi va!
Autore: Geraldine McCaughrean
Età: 12 anni
Prezzo: 17,00€
Pagine: 304
Pubblicazione: 2019
Editore: Mondadori
Trama: Arcipelago di Saint Kilda, Scozia, 1727. Come ogni estate una barca parte dall'isola di Hirta per lasciare sul Warrior Stac, un faraglione abitato solo da brulicanti colonie di uccelli marini, Quilliam e i suoi amici uccellatori. Tornerà a prenderli alla fine della loro battuta di caccia, tre settimane dopo. Ma quando ormai l'autunno serra il faraglione nella sua morsa di vento e tempeste, ancora nessuno è tornato a recuperare Quilliam e gli altri, e giorno dopo giorno gli uccelli volano via insieme alle speranze di rivedere presto casa. Cosa è stato della sua famiglia e dì tutti gli abitanti di Hirta? Solo la fine del mondo può avere impedito loro di liberare gli uccellatori da quella prigione di roccia, freddo, fame e paura.
Il romanzo vincitore della Carnegie Medal 2018
Un'avventura sconvolgente, che affonda le proprie radici nella verità storica e dialoga con capolavori come Il Signore delle Mosche e Robinson Crusoe, lasciandoci a bocca aperta di fronte alla bellezza e alla durezza della natura.
Quando decido se leggere ci sono due elementi a cui non riesco a dire di no: la Scozia e la Carnegie Medal. Questo romanzo per ragazzi vanta la presenza di entrambi, e per me è stato amore a prima vista, sensazione poi confermata sia dall'effettiva lettura che dalle emozioni che questa storia mi ha scolpito nel cuore. Ma facciamo un passo indietro, sul mio blog si è parlato spesso di Carnegie Medal, se però non sapete di cosa si tratta è, in parole povere, uno dei più importanti riconoscimenti britannici, nella categoria libri per ragazzi. Nel corso degli anni questo premio è stato assegnato a grandi autori, come Neil Gaiman e Philip Pullman, ed è stato vinto da alcuni dei miei romanzi preferiti, come Sette minuti dopo la mezzanotte e Bunker Diary. Ci tenevo a fare questa parentesi perché l'assegnazione di questo riconoscimento letterario per me è sempre sinonimo di garanzia, e anche questa volta non sono rimasta delusa. Se poi lo sommiamo al fatto che il romanzo è ambientato nella bellezza mozzafiato della Scozia, che è tratto da una storia vera e che della stessa autrice anni fa avevo già adorato il romanzo Peter Pan e la sfida al Pirata Rosso - seguito ufficiale del celebre romanzo di Barrie - capirete con quanto entusiasmo io mi sia tuffata nelle pagine de Alla fine del mondo.
Cosa è stato degli abitanti di Hirta?
Solo la fine del mondo può avere impedito loro di liberare gli uccellatori
da quella prigione di roccia, freddo, fame e paura.
Ormai mi succede sempre più raramente di sentire il bisogno immediato di mettermi al computer per scrivere una recensione, questa volta invece, appena voltata l'ultima pagina, il mio unico pensiero è stato "devo dire alle persone quanto è bello questo libro". Adesso però sono qui, come al solito, divisa tra la voglia di buttare fuori tutte le emozioni e il desiderio di tenermele per me, quindi vi anticipo subito che questo romanzo mi ha emotivamente toccato moltissimo. Come avrete capito Alla fine del mondo è basato su fatti realmente accaduti, e si rifà in particolare alla disavventura di un gruppo di uomini e ragazzi che, come nel romanzo, dopo essersi recati per una battuta di caccia su un faraglione in mezzo all'oceano noto come Warrior Stac, abitato da colonie di uccelli marini, ci rimasero bloccati per interi mesi. I fatti sono stati naturalmente romanzati, la vicenda risale al 1727 e la scarsa documentazione non avrebbe permesso di ricostruire nel dettaglio gli eventi reali, ma io ho amato il modo in cui l'autrice ha saputo dare vita alle paure dei ragazzi, bloccati su uno scoglio roccioso senza nient'altro che degli abiti estivi, in balia del vento e delle tempeste. Quella che ci viene raccontata inizia come un'avventura, e non vi sorprenderà sapere che mi sono innamorata delle descrizioni dell'isola di Hirta e del Warrior Stac. La bellezza dura e impietosa della Scozia, con il suo clima feroce e il verde accecante, mi fa sempre sentire a casa. Ho lasciato il cuore nelle piccole case di pietra, negli strapiombi sul mare e nella potenza della natura che da sempre regala alla Scozia la sua aria magica e misteriosa. La storia ha fatto tutto il resto. Quando il nostro gruppo di personaggi si rende conto che le tre settimane previste per la caccia agli uccelli sono trascorse, e che da Hirta nessuna imbarcazione è tornata a prenderli, il loro mondo piano piano inizia a sgretolarsi.
La speranza non tarda ad abbandonarli, e presto ci troviamo catapultati in una storia crudele, di sopravvivenza, gettati nella testa di una manciata di ragazzini costretti ad aggrapparsi con le unghie e con i denti a quel poco di vita che ancora gli rimane. Non fatevi ingannare dal target del romanzo, questo non è un libro esclusivamente pensato per i ragazzi, al contrario, l'autrice ha saputo descrivere la cruda e triste realtà, senza alleggerire le problematiche legate alla salute sia fisica che mentale che, poco a poco, cominciano ad affliggere i ragazzi, prigionieri del mare e degli scogli. Io mi sono emozionata moltissimo, ripeto, è facile conquistarmi con i paesaggi scozzesi, ma ho letto il romanzo in un soffio, con il cuore in gola e una sola domanda in testa: troveranno il modo di sopravvivere?
Sono cose che la gente di solito dice per gentilezza e educazione: "ci uniamo al tuo dolore", ma per esprimere il dolore che attanagliava lui nel profondo non c'erano parole. Se avesse aperto bocca, la chiesa si sarebbe riempita di un milione di uccelli strepitanti come quelli che sentiva nella testa.
Il bisogno di capire cosa fosse successo a Hirta in loro assenza mi ha spinto a divorare pagine su pagine, e se anche mi sforzassi non riuscirei a trovare difetti o mancanze da segnalarvi: ho amato lo stile della McCaughrean, diretto e senza fronzoli, ma con una grandissima capacità di descrizione. Ho amato Quill, il protagonista, ma anche tutto il resto del gruppo, ognuno con i propri difetti e le proprie paure che, aggravate dalla fame, dal freddo e dalle malattie, mi hanno dato i brividi. Mi sono affezionata ad alcuni di loro, mi sono commossa, e insieme a loro ho provato il dolore e il senso di impotenza di quella condizione spaventosa e, salvo interventi esterni, irreversibile. E con grande piacere posso dire di aver amato anche il finale, cosa non scontata in questo tipo di romanzi. Non voglio svelarvi nulla, ovviamente, ma mi è piaciuto davvero tantissimo perché detesto quando le cose rimangono in sospeso e temevo che la sorte dei sopravvissuti si sarebbe limitata alla loro sopravvivenza sul Warrior Stac, invece le spiegazioni arrivano e, oltre ad averle trovate realistiche e soddisfacenti, hanno in un certo senso stravolto e aggiunto valore alla sofferenza provata dai personaggi. Spero di avervi convinti a dare una chance a questo romanzo, ma se così non fosse aggiungo che, oltre a vantare un ottimo stile e a raccontare una storia vera e terribilmente difficile, l'autrice ha saputo trattare anche alcune tematiche davvero delicate in un contesto già di per sé pesante. La religione, il ruolo che le donne avevano all'epoca, la sessualità, la fede, le leggende. Questa storia affonda le sue radici nelle isole scozzesi, sì, ma anche in un'epoca e in una cultura ben lontana dalla nostra, una terra intrisa di presagi e credenze antiche, che la penna e la fantasia dell'autrice hanno saputo tessere in maniera straordinaria, dando vita a uno dei romanzi per ragazzi a parere mio - e non solo, vista l'assegnazione della Carnegie Medal - migliore degli ultimi tempi.
Il mio voto è ancora incerto, per il momento ho optato per 4 stelle ma la storia di Quill e del Warrior Stac continuerà a riempirmi la testa per un bel po', mi prendo quindi la libertà di rifletterci su ed eventualmente di assegnargli una votazione più alta quando sarò riuscita a metabolizzarlo per bene. Per quanto lungo e forse non lineare spero che il mio parere vi sia stato utile, io non posso far altro che consigliarvi questo splendido volume, tra l'altro arricchito non solo da una mappa, ma anche da un glossario e dalle illustrazioni di Jane Milloy. Grazie ai suoi disegni mi è stato possibile immaginarmi le varie specie di uccelli che vengono citate nel romanzo e a sentirmi così parte dell'avventura. Interessante anche la postfazione, in cui scopriamo che cos'è accaduto realmente ai sopravvissuti nel 2727 e quali sorti sono toccate all'isola di Hirta.
Cosa ne pensate di questo titolo, vi incuriosisce?
Avete già letto, o avete in wish list, qualche libro vincitore della Carnegie Medal?
Avete già letto, o avete in wish list, qualche libro vincitore della Carnegie Medal?
Ciao Seli!
RispondiEliminaQuesto libro l'ho visto molto spesso in questi ultimi tempi ma non ho sentito quel richiamo che solo noi lettori possiamo sentire davanti ad un libro.
Al momento non lo prenderò, chissà magari in futuro potrei cambiare idea.
Un bacione
Ciao Cry! È normale, ci sono libri che ci chiamano a gran voce a altri no :) Nel caso decidessi comunque di leggerlo, prima o poi, fammi sapere cosa ne penserai!
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