giovedì 30 maggio 2013

Recensione: "3096 giorni"

Oggi torno sul blog con una nuova recensione, e con un avvertimento: parlare a mente fredda di questa storia è impossibile, perdonate quindi se il mio commento sarà breve o sconclusionato.. mi riesce davvero difficile scrivere qualcosa di sensato e obbiettivo.

 Natascha Kampusch è stata rapita mentre andava a scuola il 2 marzo del
1998, all'età di dieci anni. Il suo aguzzino l'ha tenuta prigioniera nella
segreta di una cantina per 3096 giorni.
Il 23 agosto 2006 è riuscita a fuggire con le sue forze.

Titolo: 3096 giorni
Autore: Natascha Kampusch
Prezzo: 17,50€
Pagine: 295
Pubblicazione: 2011
Editore: Bompiani

Trama: La mattina del 2 marzo 1998, mentre si reca a scuola, un uomo la trascina in un furgone bianco. Qualche ora più tardi Natascha Kampusch, dieci anni, giace sul pavimento freddo di una cantina in una villetta, avvolta in una coperta. Intorno a lei regna l’oscurità più completa, l’aria è stantia e soffocante. In questa segreta di pochi metri quadrati vivrà per i successivi otto anni e mezzo. Wolfgang Priklopil, il rapitore, è l’unica persona alla quale può affidarsi. Lui la picchierà, la umilierà e cercherà di sottometterla. Fino all’estate del 2006, quando Natascha riuscirà a fuggire come ha pianificato dal primo giorno del suo rapimento. Ora Natascha si sente abbastanza forte per raccontare quanto le è accaduto. Apertamente e senza filtri parla della sua difficile infanzia, della prigionia, dei maltrattamenti fisici e psichici subiti. Ma descrive anche come abbia imparato, in quella situazione senza via di uscita, a convivere con l’orrore. La storia vera di una ragazza che ha sopportato l’insopportabile, non si è fatta piegare e ha inseguito il suo sogno di libertà, fino a raggiungerlo.


Quando si tratta di storie vere è difficile, quasi impossibile, dare un giudizio. In particolar modo se la storia racconta la tragica vicenda di una bambina rapita e tenuta segregata in una cantina.
Natascha Kampusch, un nome che ha fatto il giro del mondo. Rapita nel 1998, all'età di 10 anni, e fuggita nel 2006, ormai diciottenne. Quattro anni dopo essersi ripresa la sua libertà, Natascha si sente finalmente pronta a parlare di quello che è successo durante quei terribili 3096 giorni di prigionia.
Impossibile analizzare i personaggi o la trama, naturalmente. Lo stile è scorrevole, duro quando serve, ma non in modo eccessivo, come se Natascha avesse voluto mantenere le distanze durante la stesura di questo libro. Il tutto è raccontato e descritto in modo pacato, le parole sono ben calibrate e, anzi, qualche volta risulta addiruttura fredda, come se fosse un'altra persona a scrivere. E tra le tante cose che l'autrice svela c'è anche il rapporto di odio e dipendenza con il sequestratore, uno degli argomenti di cui si è più parlato.
Psicologi, polizia e spettatori l'hanno catalogata come Sindrome di Stoccolma, ma la Kampusch ha sempre smentito: l'unico modo per sopravvivere ad una prigionia del genere era cercare di convivere con il rapitore che, nel bene e nel male, è stato l'unico essere umano ad interagire con la bambina per 8 lunghi anni.
Questa società ha bisogno di criminali come Wolfgang Priklopil, per dare un volto al male che vi risiede e per scinderlo da se stessa. Ha bisogno delle immagini delle prigioni nelle cantine per non dover guardare alle tante case e ai giardini, dove la violenza mostra il suo volto conformista, piccolo borghese. Usa le vittime di casi spettacolari come il mio per non sentirsi responsabile delle tante vittime dei crimini di tutti i giorni che rimangono senza nome e che non vengono aiutate, neppure quando chiedono aiuto.
Un libro che racconta una verità angosciante, una storia di abusi e di fame, di anoressia e maltrattamenti, di reclusione. Cosa significa trascorrere 8 anni in una cella delle dimensioni di uno sgabuzzino, imprigionata sotto botole, porte di cemento e spranghe di ferro? Come reagisce la mente di una bambina?
Natascha racconta la speranza e il dolore di questa tragica esperienza, di come ha tentato più volte il suicidio e delle piccole cose a cui ha dovuto aggrapparsi per non impazzire, per mantenere la lucidità, anche nei momenti in cui andarsene sarebbe stata una liberazione. Parole che straziano il cuore, che fanno riflettere e inorrodire.. ma che al tempo stesso fanno nascere un pensiero: la forza di volontà può fare grandi cose.
Natascha subisce ma non si arrende, fino al giorno della fuga disperata, nell'agosto del 2006.
Vita privata e ricerche della polizia fasulle, tutti i dettagli del caso Kampusch finalmente nero su bianco.
Un'esperienza che fa rabbrividire, ma che ha trasformato una bambina ingenua in una donna coraggiosa che ha lottato per la sua libertà, e che non si è fatta spezzare dalla malvagità dell'uomo.
Ci sarebbero davvero tante cose da dire, ma.. mancano le parole davanti a simili atrocità.

Avevo innescato una bomba. La miccia bruciava e non c'era nessuna possibilità di spegnerla. Avevo scelto la vita.
Al rapitore non rimase che la morte.


I consigli dell'Antro:
Cibo/bevanda: acqua e pane
Da leggere: un pomeriggio di pioggia
Voglia di: verità

5 commenti:

  1. lo devo comprare, me lo ripeto ogni volta e non lo faccio mai :(

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  2. Mi sembra giusto non giudicare molto lo stile del libro, i personaggi ecc...perchè la storia è reale. prima o poi lo leggerò anch'io. Comunque sei riuscita a fare una bellissima ''recensione'' senza recensire niente hi hi :)

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  3. ce l'ho ma ancora non lo leggo.. Sicuramente un libro forte.....

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  4. Non mi sono mai sentita di leggerlo, ma ora mi hai fatto venire voglia -.-

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  5. Anche io penso che hai fatto bene a non giudicare più di tanto questo libro.
    Deve essere una storia forte...sinceramente non ne avevo mai sentito parlare, ma adesso voglio leggerlo.
    Lo consigli anche a chi è molto sensibile? :')

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